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Psychiatric Hospitals
Di particolare intensità sono gli scatti che Zecchin realizza con alcuni pazienti in posa, vestiti in maschera, quasi a evocare il classico catalogo socio-antropologico di certa fotografia novecentesca. I soggetti sembrano offrire al mondo la propria consapevole obliquità, una asimmetria esistenziale e sociale, nel conflitto tra opacità e trasparenza: darsi e insieme ritrarsi, come esseri umani e attori in scena. E intanto problematizzare il concetto di identità, in un luogo – il manicomio – che dell’individuo progetta la scomparsa, la riduzione all’ordine.
Così, nell’eccentrica narrazione del teatro, la finzione, il travestimento e la schizofrenica frammentazione di sé non sono più un limite, ma una chance. Una forma di liberazione, un rituale antico, il gioco (ironico, tragico) del vivere e del morire, reinventandosi ogni volta daccapo.
a cura di Helga Marsala
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